Kammerkonzert

per pianoforte, violino e tredici strumenti a fiato

Musica: Alban Berg (1885 - 1935)
  1. Tema scherzoso con variazioni
  2. Adagio
  3. Rondo ritmico con introduzione
Organico: pianoforte, violino, ottavino, flauto, oboe, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, fagotto, controfagotto, tromba, 2 corni, trombone
Composizione: 1923 - 1925
Prima esecuzione: Berlino, Alte Philharmonie Saal, 20 marzo 1927
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1925
Dedica: Arnold Schönberg
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Secondo Pierre Boulez, acuto studioso e intelligente e appassionato divulgatore con scritti e interpretazioni direttoriali, delle composizioni dei musicisti della Seconda Scuola Viennese (la prima naturalmente è quella della triade classica Haydn, Mozart, Beethoven), la personalità di Alban Berg è per molti versi unica e affascinante, perché riflette gli ultimi slanci della cultura romantica e nello stesso tempo contiene i germi e i più validi presupposti di quella crisi del linguaggio della musica contemporanea che avrebbe avuto, dopo la seconda guerra mondiale, tante ramificazioni e stratificazioni nella vita artistica europea. In seno al gruppo della cosiddetta Trinità di Vienna, infatti, Berg è l'autore che per gusto, sensibilità e formazione mentale è più legato, almeno formalmente, al passato e all'esperienza post-romantica e mahleriana, mentre Schönberg punta a staccarsi con maggiore nettezza di scelte creative dalle strutture compositive precedenti e Webern compie un salto qualitativo ancora più netto e marcato nella ricerca di soluzioni radicali nel campo della "organizzazione dei suoni". Questa caratterizzazione di Berg artista e compositore è ormai unanimemente riconosciuta da studiosi di ogni scuola e nessuno dà eccessivo peso all'apparente contraddittorietà esistente nella sua musica, che succhiò l'insegnamento di Schönberg, di cui fu discepolo fedele ed entusiasta dal 1904 al 1910. Anche Schönberg, del resto, ebbe sempre molta stima nei confronti di Berg e lo attesta fra l'altro questo suo giudizio apparso nel programma di sala, quando il Wozzeck venne rappresentato per la prima volta a Düsseldorf nel 1930: «Approfitto con gioia di questa occasione - scrive Schönberg - per impegnarmi nel riconoscimento dell'opera e dell'attività del mio discepolo e amico Alban Berg. Infatti, lui e il nostro comune amico Anton von Webern, costituiscono la più forte affermazione del mio influsso in qualità di insegnante; essi sono stati per me - al tempo della più malvagia oppressione artistica - un sostegno sì solido, sicuro e affettuoso, che mi è impossibile trovare qualcosa di meglio al mondo. Ma se qualcuno volesse credere che siano soltanto la riconoscenza e l'amicizia a spingermi ad esprimere ammirazione, non dimentichi costui che io so leggere la musica e che attraverso dei suoni considerati allora da tutti gli altri musicisti dei geroglifici, mi sono potuto render conto di quello che era stato pensato, mi sono potuto fare un'idea del talento che vi si dispiega. È mio vanto che la giustezza e la certezza di tale impressione m'abbiano messo in grado di guidare una natura sì altamente dotata là dove essa doveva giungere: al più meraviglioso rigoglio della sua originalità, alla maggiore indipendenza. Ma il carattere indispensabile a questo egli lo recava in sé sin dalla prima ora di lezione, e lo conservava sino all'ultima ora. E tuttavia debbo dire: l'arte al di sopra di ogni cosa. Ma ora non c'è posto per i dubbi: qui s'uniscono quanto esige l'amicizia e quanto l'arte; qui l'amico può lodare l'artista e l'artista può lodare l'amico. Ambedue, se vogliono essere giusti, debbono farlo. E io voglio essere giusto: Salve a te, Alban Berg!». Al di là del tono un po' enfatico di questa testimonianza, è evidente come Schönberg considerasse Berg seguace e continuatore delle sue teorie sulla "nuova musica", che il creatore del Wozzeck perseguì con attenta e scrupolosa osservanza in tutto l'arco della sua produzione cameristica, strumentale e teatrale.

In genere, più per comodità di analisi critica che per autonome ragioni d'arte, l'intera opera di Berg viene divisa in tre gruppi, che si richiamano a tre momenti diversi della vita del compositore. Il primo gruppo va dalla Klaviersonate op. 1 del 1907 ai Drei Orchesterstücke per grande orchestra nel 1914, in cui il richiamo al sistema tonale è ancora forte e costante, pur con una spiccata propensione a superare le vecchie regole compositive. Nel secondo gruppo sono compresi alcuni dei lavori più significativi del musicista, e precisamente il Wozzeck op. 7, opera in tre atti e quindici scene scritta fra il 1917 e il 1921, il Kammerkonzert per pianoforte, violino e tredici strumenti a fiato, composto tra il 1924 e il 1925 e la Lyrische suite per quartetto d'archi, che risale al 1925-'26. In questi tre componimenti l'autore applica il sistema dodecafonico, anche se non rifiuta la terminologia e gli schemi (fughe, variazioni, invenzioni, passacaglie etc.) della musica di impianto tonale. Nel terzo gruppo sono racchiuse Der Wein, aria da concerto per canto e orchestra del 1929, Lulu, opera in tre atti e nove scene, che vide impegnato il musicista dal 1928 al 1935, con il terzo atto incompleto, e il Violinkonzert dell'estate del 1935. In questi ultimi lavori il discorso sulla ricerca e l'applicazione della tecnica dodecafonica si fa più serrato e stringente e raggiunge a volte effetti di sconvolgente e dirompente tensione drammatica.

Il Kammerkonzert non reca numero d'opus e fu composto da Berg in occasione del cinquantesimo compleanno del suo maestro, Schönberg, divenuto con il tempo anche "amico venerato". Il musicista inviò questo lavoro, molto rigoroso sotto il profilo formale, al suo dedicatario, accompagnandolo con una lettera aperta, in cui sono associati come in un'epigrafe ideale i nomi di Schönberg, Webern e Berg, sotto il motto "Aller guten Dinge sind drei", corrispondente alla frase "Non C'è due senza tre". Il tre come cifra esoterica ed elemento unificante della composizione è ben presente nella struttura del Kammerkonzert: tre sono i movimenti e tre le famiglie degli strumenti impiegati, in quanto il primo tempo è affidato al pianoforte e ai fiati, il secondo al violino e ai fiati e il terzo al pianoforte, al violino e ai fiati. Appare evidente come in questo caso Berg si avvicini sempre più alla scrittura dodecafonica, in quanto ricorre spesso alle quattro forme di contrappunto tipiche di questo modo compositivo, che sono l'originale, la retrograda, l'invertita e la retrograda invertita. La forma ternaria è indicata chiaramente nella stessa musica, così come il tema del primo tempo comprende tre sezioni, ognuna delle quali ha un tempo diverso. Il tema eseguito dai fiati e la prima variazione affidata al pianoforte hanno valore di esposizione. La seconda, la terza e la quarta variazione formano lo sviluppo, cui segue la ripresa costituita dalla quinta variazione. Il secondo movimento è collegato al primo su un fortissimo dei legni e del pianoforte. Nella parte centrale c'è un intervento del pianoforte che ripete per dodici volte un do diesis grave, quasi ad evocare i rintocchi misteriosi di una mezzanotte immaginaria. In questo contesto il violino assume man mano una sua rilevanza fonica. Nel rondò si trovano riuniti l'insieme degli strumenti e dei temi del primo e del secondo movimento; le figure musicali appaiono trasformate sotto il profilo ritmico, ma tutti gli elementi precedenti ritornano testualmente, in sovrapposizione o alternati. A conclusione del movimento la musica assume un tono intensamente drammatico, fino a spegnersi gradualmente sugli accordi del pianoforte. Nella lettera citata inviata a Schönberg in data 9 febbraio 1925, Berg annota: «Il finale del mio Concerto da camera è costituito dalla scelta delle misure; mentre le Variazioni si svolgono in misure ternarie e nell'Adagio predomina la misura binaria, nel Rondò c'è un continuo alternarsi di tutte le misure immaginabili, pari e dispari, semplici e composte, per cui si accentua così, anche nel campo metrico, il costante ritorno della trinità degli eventi».

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Kammerkonzert era stato scritto e completato dieci anni prima. Il 9 febbraio 1925, Berg ne annunciò la conclusione a Schönberg con queste parole: «La composizione di questo concerto che ti ho dedicato in occasione del tuo cinquantesimo compleanno, è stata terminata soltanto oggi, nel mio quarantesimo. Consegnato in ritardo, ti prego di accoglierlo tuttavia con benevolenza; tanto più che esso - pensato fin dall'inizio per te - è divenuto anche un piccolo monumento ad un'amicizia ormai ventennale. In un motto musicale, premesso al primo tempo, le lettere del tuo nome, di quello di Anton Webern e del mio, sono fissate (per quanto è possibile fare con la scrittura musicale) in tre temi o motivi, ai quali spetta una parte importante nello sviluppo melodico di questa musica. Se con questo si è già accennato ad una trinità degli eventi, del pari una trinità (poiché si tratta del tuo compleanno e le cose belle che ti auguro sono tre) domina tutto l'opera ». Questa celebre lettera contiene una completa analisi del Kammerkonzert. Già dalle prime parole si può desumere che una ricerca di unità nella molteplicità, analoga a quella di Webern, aveva animato Berg. In particolare i tre movimenti sono riuniti in uno solo. Gli strumenti impiegati sono di triplice ordine (tastiera, a corde, a fiato). Dal punto di vista formale dominano sempre il tre e i suoi multipli: nel primo tempo, Tema scherzoso con variazioni, l'idea fondamentale è ripetuta sei volte ed è presentata «come tema tripartito di variazione in trenta battute». Le varie forme di canone che Berg vi adotta possono ricordare «i percorsi dell'aratro» di Webern. Il secondo movimento è un Lied tripartito, mentre il terzo, Rondò ritmico con Introduzione (l'introduzione è una cadenza per pianoforte e violino) è una contaminazione dei movimenti precedenti. La «trinità» si manifesta per Berg ancora in senso ritmico e nel campo armonico. Scherzosamente Berg commentava: «rendendo dì pubblica ragione questi procedimenti compositivi, la mia fama di matematico aumenterà nello stesso rapporto in cui la mia fama di compositore, al quadrato della distanza, diminuirà». Ma l'ultima parte della lettera rivendica proprio quello che vi è al di là delle perfette simmetrie: «se si sapesse quanta amicizia, quanto amore e che mondo di relazioni umane e affettive io ho intessuto segretamente intorno a questi tre tempi, i sostenitori della musica a programma (se ve ne fossero ancora) avrebbero di che rallegrarsi e i partigiani e i rappresentanti del «neoclassimismo», del «nuovo oggettivismo», i «lineari» e i «fisiologi», i «contrappuntisti» e i «formali» si precipiterebbero su di me, scandalizzati per questa tendenza «romantica», se io contemporaneamente non rivelassi loro che anch'essi possono trovare ciò che desiderano, qualora siano disposti a cercare».

Bruno Cagli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 27 gennaio 1989
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 16 gennaio 1980

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Ultimo aggiornamento 26 maggio 2016