Otto Variazioni per due oboi e corno inglese in do maggiore, WoO 28

sul tema "La ci darem la mano" di Wolfgang Amadeus Mozart

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Organico: 2 oboi, corno inglese
Composizione: 1795 - 1796
Prima esecuzione: Vienna, Teatro di Corte, 23 dicembre 1797
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1914
Guida all'ascolto (nota 1)

Le possibilità offerte dai legni e dagli ottoni attrassero molto anche Beethoven che nel 1792 compose il suo primo lavoro per soli fiati, una Parthie per otto strumenti (pubblicata postuma col titolo di Grand Octuor op. 103), che fu molto ammirata da Haydn, all'epoca il suo insegnante a Vienna, e che lo stesso Beethoven teneva in grande considerazione tanto che nel 1795 la trascrisse per quintetto d'archi. Come movimento alternativo per questa Parthie fu composto anche il Rondò per fiati (anch'esso pubblicato postumo col titolo Rondino), caratterizzato da una audace scrittura solistica del corno

Beethoven fu poi incuriosito da un singolare organico di fiati, formato da due oboi e un corno inglese, che si stava affermando in quegli anni. Per quel trio Johann Wendt aveva composto una Serenata che fu eseguita il 23 dicembre 1793 nel tradizionale concerto di beneficenza natalizio della Tonkünstler-Sozietät di Vienna: fu probabilmente l'ascolto di questo pezzo che ispirò a Beethoven, nel 1794, la composizione del suo Terzetto op. 87, che in quel particolare repertorio rappresentò uno dei lavori più estesi ed elaborati.

A questo organico Beethoven tornò con le Variazioni sul tema del duettino Là ci darem la mano, dal Don Giovanni di Mozart, scritte nel 1796; da notare che lo stesso anno Beethoven compose anche il Quintetto per pianoforte e fati op. 16 con oboe, clarinetto, corno e fagotto (al centro c'è un Andante cantabile basato sull'Aria di Zerlina «Batti, batti, bel Masetto», tratta ancora dal Don Giovanni mozartiano) e il Sestetto per fiati op. 71 (per due clarinetti, due corni e due fagotti).

Le Variazioni furono eseguite il 23 dicembre 1797 al Teatro di Corte, ancora in un concerto organizzato dalla Tonkünstler-Sozietät. Beethoven, che era molto attento alle innovazioni della tecnica costruttiva, scrive le parti dei due oboi senza eccedere mai l'estensione dello strumento a due chiavi, mentre la parte del corno inglese richiede uno strumento ad almeno quattro chiavi che all'epoca era un'assoluta novità (ed è quello che verosimilmente suonò Philipp Theimer in quel concerto).

Dopo il Tema (Andante), affidato al primo oboe, nelle otto Variazioni vengono sfruttate tutte le possibilità dinamiche e espressive degli strumenti, anche con alcuni esiti virtuoslstici, ad esempio nei velocissimi arpeggi del corno inglese della Variazione I (Allegretto), nei giochi imitativi della Variazione IV (Allegro moderato), dove l'inciso iniziale è trasformato in una cellula cromatica, nel moto perpetuo di biscrome del primo oboe che domina nella Variazione V (Moderato), o ancora nella Variazione VIII (Allegretto giocoso) dove il tema viene palleggiato tra il corno inglese e il primo oboe, mentre sullo sfondo si dipana un tappeto di biscrome affidato al secondo oboe. Beethoven gioca anche su contrasti di carattere, contrapponendo ad esempio l'introversa Variazione VI (Lento espressivo) in do minore, dominata dalla malinconica linea del primo oboe, alla pimpante Variazione VII (Allegretto scherzando), giocata su figure in contrattempo e su un fitto dialogo tra corno inglese e i due oboi. Il pezzo si conclude con una Coda, in 6/8, costruita come un fugato dall'andamento danzante simile a quello di una Giga, ma con un diverso epilogo, 13 battute di Andante, di nuovo in 2/4.

Gianluigi Mattietti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 3 aprile 2009

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Ultimo aggiornamento 28 settembre 2012