Sonata per pianoforte, BB 88, SZ 80


Musica: Béla Bartók (1881 - 1945)
  1. Allegro moderato
  2. Sostenuto e pesante
  3. Allegro molto
Organico: pianoforte
Composizione: Giugno 1926
Prima esecuzione: Budapest, 8 Dicembre 1926
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1927
Dedica: Ditta Bartók
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'opera pianistica di Bartók può facilmente esser divisa in due settori: musica a destinazione concertistica, musica a destinazione didattica. Mentre la seconda si distribuisce uniformemente su tutto l'arco della creatività bartokiana, la prima si addensa in alcuni momenti che hanno a che vedere con lo sviluppo della carriera.

Bartók, all'Accademia di Budapest, "studiò" da concertista di pianoforte, e nei primi anni della sua attività professionale scrisse musiche per suo uso. La carriera concertistica procedette però tra alti e bassi, tanto che Bartók decise alla fine di abbandonarla. E per un po' di tempo non scrisse più musiche a destinazione concertistica. Ma nel dopoguerra, con un nuovo sviluppo della vita musicale internazionale, Bartók ritentò la carriera concertistica: ampliò il suo repertorio di interprete, studiando musiche di Beethoven e di Debussy e trascrivendo pagine di compositori barocchi italiani e di Couperin, e scrisse qualche nuovo pezzo da concerto. Nel 1926, essendosi concretizzati alcuni importanti impegni, compose il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra, la suite All'aria aperta e la Sonata per pianoforte solo.

La Sonata appare nel momento in cui Bartók, dopo aver raggiunto negli anni precedenti il punto di massimo avvicinamento a Schönberg, entra nella fase neoclassica della sua poetica. Le strutture architettoniche sono geometriche e facilmente comprensibili, la scrittura procede per linee nettamente stagliate, la ritmica è semplice ed icastica chiaramente definiti sono i poli tonali, e la sonorità pianistica è netta, percussiva. Neoclassicismo non significa però, per Bartók, recupero della dimensione cameristica familiare del pianoforte. Il confronto con la Sonata dì Stravinsky, scritta due anni prima, è a questo proposito illuminante. Detto in soldoni, la Sonata di Stravinsky è un pezzo di media difficoltà, che nettamente si distingue dal virtuosismo delirante dei Tre Movimenti da "Petruska". La Sonata di Bartók è invece molto difficile, ma nello stesso tempo non ricalca i modelli del virtuosismo trascendentale romantico e tardo-romantico, a cui Bartók si era ispirato in gioventù. Con la Sonata e con All'aria aperta Bartók apriva dunque una fase nuova nella storia della musica per pianoforte a destinazione concertistica. L'aprì e non la percorse perché, ancora una volta, le sue fortune di concertista non volsero al bello e il pubblico preferì ascoltare da lui, magari, qualcuno dei suoi vecchi pezzi. Ma dallo stile pianistico messo a punto nella Sonata per pianoforte solo sarebbe nata, dieci anni più tardi, la Sonata per due pianoforti e strumenti a percussione.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Composta nel 1926, l'anno in cui videro la luce anche il Primo Concerto per pianoforte e orchestra e la Suite "Szabadban" ("All'aria aperta"), la Sonata costituisce uno dei primi risultati dell'inserimento di Bartók a livello europeo e l'inizio di un periodo di felicità creativa, ricco di opere di enorme rilievo. Considerata fra i migliori frutti del Novecento pianistico e, da alcuni, il capolavoro di Bartók fra le composizioni per pianoforte, questa Sonata presenta una struttura unitaria che si svolge su una solida scrittura contrappuntistica, con una rigorosa economia dei mezzi espressivi.

L'Allegro moderato, costruito Secondo gli schemi della forma-sonata tradizionale, si caratterizza con originalità nella continua variazione del tema. Il movimento è aspro, percussivo, fortemente ritmico. Il secondo tempo, Sostenuto e pesante, è come una solenne e lenta trenodia, variata soltanto dall'uso di un'ampia gamma ritmica; il carattere ostinato e ripetitivo della parte melodica trae le sue origini dagli schemi tipici della musica popolare. L'Allegro molto si svolge in forma di rondò con variazioni, con un andamento assai virtuosistico e con il tema principale che richiama quello di carattere popolare del primo movimento. Il tessuto ritmico di quest'ultimo tempo è estremamente fluido, mentre la conclusione, in un crescendo di frenesia, culmina in una vulcanica sequenza di accordi violenti e aggressivi.

Salvatore Caprì

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La «Sonata» per pianoforte, composta nel 1926, costituisce uno dei primi risultati dell'inserimento di Bartók a livello europeo e l'inizio di una grande stagione compositiva ricca di capolavori. Dopo la scoperta del canto contadino ungherese, che rimarrà a fondamento costante della sua opera, e la virata verso l'espressionismo fra i cui frutti migliori sarà il «Mandarino meraviglioso», Bartók studia a fondo l'opera di Bach e ne assimila la grande lezione contrappuntistica.

L'enfasi romantica e i densi grappoli di note che caratterizzavano molte delle sue opere precedenti cedono ora il posto ad un linguaggio depurato, fondato su una scrittura contrappuntistica e modale e sulla rigorosa economia dei mezzi espressivi. È interessante però notare come in Bartók queste acquisizioni non comportino mai gli arcaismi stilistici caratteristici del neoclassicismo e di autori quali, ad esempio, Igor Stravinskij; Bartók cioè non rinuncia mai ad essere se stesso, a parlare in prima persona.

Significativo è, da questo punto di vista, il confronto fra la «Sonata» del compositore ungherese e l'anaIoga composizione di Stravinskij, che risale al 1924 e in cui appunto il musicista russo si avvale, in pieno clima di «ritorno a Bach», di un contrappunto severo e angoloso, di una voluta monotonia negli sviluppi.

Al contrario, Bartók, pur adottando il contrappuntismo neoclassico non ne deriva l'imitazione di forme e stilemi antichi, ma resta sempre un contemporaneo che usa, ad esempio, frammenti di melodie popolari pentatoniche sviluppate rapsodicamente più per mezzo del ritmo che dell'armonia. Cosi il primo tempo della «Sonata», un Allegro moderato, è si nella classica forma di sonata con un primo tema ed un secondo soggetto bitonale, ma da un altro soggetto scaturisce in moto contrario un tema popolare.

Ugualmente, il secondo tempo si svolge con larghi accordi e con una melodia che ripete all'infinito gli stessi suoni con un carattere ostinato e ossessivo tipico della musica popolare; il terzo movimento, infine, è un Allegro molto che si svolge in forma di rondò con variazioni con un andamento assai virtuosistico e con il tema principale che richiama quello di carattere popolare del primo movimento.

Non va dimenticato anche, per una più puntuale collocazione storica del lavoro, che esso è esattamente contemporaneo del «Primo Concerto» per pianoforte, dei «Nove piccoli pezzi» e dei cinque pezzi pianistici di «All'aria aperta», tutti lavori nei quali le componenti dell'arte bartokiana trovano significativa espressione.

Mario Sperenzi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 25 Marzo 1994
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 11 aprile 1984
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 7 giugno 1975


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 13 ottobre 2019