Le Variazioni canoniche BWV 769 sono una delle ultime isole di culto per gli adepti della setta bachiana, uno dei suoi ultimi capolavori incontaminati. Come più tardi L'arte della fuga, anche le Variazioni canoniche nascono come una sorta di dissertazione teorica destinata alla Società di Scienze Musicali fondata a Lipsia da un suo allievo, Lorenz Mizler, sul modello delle Accademie delle Scienze che stavano proliferando nel clima dell'illuminismo tedesco di quel periodo. Si tratta dunque di una composizione dal forte intento speculativo e che risponde a un compito specifico: elaborare una costruzione di rigorosissima concezione contrappuntistica a partire da una semplice melodia di chiesa. Inoltre, come nel caso dell'Offerta musicale, praticamente contemporanea alle Variazioni canoniche, anche in questo caso la riflessione di Bach non si limita all'applicazione di una tecnica a un materiale, dunque del contrappunto alla melodia di chiesa, ma si spinge fino al punto di fusione nel quale quei due aspetti, pur restando analiticamente distinti, danno vita a un organismo nuovo, a un'opera compatta che aspira a presentarsi come un fenomeno musicale puro, privo di motivazioni esterne e di limiti convenzionali, come potevano essere le circostanze concrete dell'esecuzione e dell'ascolto in pubblico.
Scritte nel 1747, le Variazioni canoniche vennero pubblicate a ridosso della composizione dall'editore Balthasar Schmid di Norimberga. Oltre alla versione a stampa, tuttavia, se ne conoscono altre tre versioni, l'ultima delle quali differisce dall'edizione pubblicata sostanzialmente per l'ordine in cui le variazioni sono collocate.
Il tema chiesastico che fornisce lo spunto al lavoro è un
canto di Natale, Vom
Himmel hoch da komm ich her, già trattato da Bach nel
corale n. 8 dell'Orgelbüchlein
(BWV 606), nell'Oratorio
di Natale e in altre due elaborazioni (BWV 700-701) che
molti considerano quasi una prova generale in vista del lavoro alle Variazioni canoniche.
Il tema, iscritto nel Gesangbuch
della liturgia protestante da Lutero, deriva da una canzone popolare (Aus fremden Landen komm ich her)
che accentua non solo la semplicità, ma anche il carattere orecchiabile
della melodia. Le cinque variazioni, al contrario, sono disposte in
ordine di difficoltà crescente:
Come nelle altre opere speculative di Bach, non si deve credere però che lo spirito matematico e l'attento calcolo delle proporzioni assorbano completamente l'attenzione del musicista, facendo sfilare in secondo piano la ricerca della bellezza. Nell'opera di Bach, infatti, questi due aspetti non possono essere separati e vengono anzi ricondotti a un unico presupposto, quello dell'armonia che regge sia le tavole delle leggi musicali, sia il mondo degli affetti e dell'espressione. Tutti questi elementi sono legati in un ordine universale riconducibile per un verso alla sfera della fede, per un altro a quel mondo della vita quotidiana che dalla fede riceve luce, ma che continua dal canto suo ad animarla per mezzo della realtà dei sentimenti che vi prendono corpo.
Stefano Catucci