Partita n. 3 in mi maggiore per violino solo, BWV 1006


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Preludio
    Riutilizzato nella Sinfonia n. 1 della Cantata BWV 29 e nel Coro n. 1 della Cantata BWV 120a
  2. Loure
  3. Gavotte en rondeau
  4. Menuet I
  5. Menuet II
  6. Bourrée
  7. Gigue
Organico: violino
Composizione: 1720
Edizione: Simrock, Bonn, 1802

Arrangiata anche per liuto nella Suite BWV 1006a
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Partita in mi maggiore, insieme ad altre due Partite e a tre Sonate per violino solo, fu composta a Cöthen, verso il 1720, in un periodo cioè particolarmente fecondo per Bach, almeno per quanto riguarda la musica strumentale. Questi brani ci sono giunti attraverso un manoscritto originale o dello stesso Bach o di Anna Magdalena, ritrovato fortunosamente a Pietrotaurgo dal collezionista di autografi bachiani Georg Pölchau. La stessa Anna Magdalena ci ha lasciato poi una copia di questi pezzi riuniti in un solo quaderno con le Sonate per violoncello che si fregia del seguente titolo: «Violino solo: senza Basso. Composée par Sr. Jean Seb. Bach Maître de la Chapelle et directeur de la musica a Leipzig. Écrite par Madame Bachen, son Epouse». Gli stessi brani furono editi per la prima volta da Simrock a Bonn nel 1802 e poi nel 1854 presso Breitkopf a cura di Robert Schumann che vi aggiunse un accompagnamento per pianoforte. Per questa Partita, come per le altre più note composizioni del gruppo, si può dire con Schweitzer che «non si sa se si debba ammirare di più la ricchezza delle sonorità o l'arditezza dell'invenzione. Per quanto si siano lette, eseguite e sentite un'infinità di volte queste composizioni ci riserbano sempre nuove sorprese; esse sono quasi la rivelazione di tutte le possibilità e di tutte le bellezze che si possono trarre dal violino».

La Partita III inizia con il Preludio, elaborato dallo stesso Bach per orchestra come sinfonia della cantata Herr Gott, Beherrscher aller Dinge (BWV 120 a). E' una pagina severa, solenne e fortemente marcata nel ritmo. Segue la prima delle sei danze della Partita recante il nome di Loure, la cui parola sta ad indicare l'antica cornamusa normanna (ludr o luur): il suo ritmo nobile e dignitoso è in sei quarti. La Gavotta e Rondò è una specie di danza che trae il suo nome dai gavots, montanari del Delfinato francese. Il suo ritmo binario snello e leggero diede vita nel XVIII secolo ad una elegante danza di corte e di società, eseguita con riverenze molto cerimoniose. Seguono due Minuetti, di cui il secondo funge da Trio: anche questa danza è di origine francese e il suo nome le viene dal modo di ballarla con passi minuti (pas-menu). Francese è anche la Bourrée, nata nell'Auvergne, di forma binaria, dattilica e di carattere giocondo, a tratti sfiorata da una leggera mestizia. La Giga, posta a chiusura della Partita, è invece di origine britannica, e più precisamente celtica: Jegg in scozzese, Geige in tedesco, Gigot in francese, Gigue in inglese, che stanno ad indicare l'antico giambone (gigot, appunto, in francese) trasformato poi in violino. La Giga ha un ritmo spigliato e brioso, rapidissimo.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il pensiero di J.S. Bach, violinista, oltre che organista, cembalista e cantore, è, prima di tutto, strumentale, tanto da condizionare persino il trattamento della voce umana. Il suo primo incarico a Weimar, nel 1703, fu quello di violinista di corte, e malgrado la diversità e il peso dei successivi impegni professionali, egli suonò il violino fino alla vecchiaia. E l'influsso di tale pratica è riconoscibile nel respiro e nell'imprevedibile slancio delle sue melodie.

Vertice assoluto della produzione violinistica bachiana per l'ardimento della scrittura, la tensione espressiva e la portata artistica, e prova del fuoco per tutti i grandi interpreti, sono i Sei Solo a Violino senza Basso accompagnato (tre Sonate nello stile da chiesa di Corelli alternate a tre Partite, equivalenti a sonate da camera, o meglio a suites di danze per il gusto prevalentemente francese) composti a Köthen entro il 1720.

Non sappiamo se Bach possedeva il talento del virtuoso, ma è certo che conosceva a fondo la tecnica e le risorse del violino al punto da ottenerne inauditi effetti polifonici e d'armonia. I quali trascendono di gran lunga tutta un'importante tradizione tedesca già distintasi, all'epoca, nella predilezione per la tecnica accordale, le doppie corde e la polifonia, e nella produzione di opere per violino solo (merita ricordare, in proposito, le sei Partite e la Suite di J.P. v. Westhoff, ancora attivo a Weimar quando Bach vi giunse).

Ognuna delle Partite di Bach presenta una successione diversa di danze. La Partita in mi maggiore si articola nei seguenti movimenti: Preludio - Loure - Gavotte en Rondeau - Menuet I - Menuet II - Bourrée - Gigue. Nel monumentale Preludio, il fraseggio scandisce e diversifica con i suoi accenti l'ostinato ripetersi delle quartine di semicrome, in una sorta di contrappunto ideale tra melodia e ritmo, come un magico effetto di prospettiva barocca, invisibile sulla carta eppure avvertibile all'ascolto. E' una pagina celebre, che lo stesso Bach riprenderà per adattarla a ben più nutrito organico nelle Sinfonie di due Cantate. Tutte le danze che seguono, dalla desueta Loure (in 6/4) al più comune Minuetto, sono di origine francese. Unica eccezione è la Giga, di derivazione britannica, che conclude la serie come di prammatica. Salvo la briosa Gavotte en Rondeau, che contiene anche rari episodi decisamente monodici, la forma delle danze è bipartita, come d'abitudine, con la regolare modulazione alla dominante, alla fine della prima parte.

Nonostante i palesi rimandi alla musica d'intrattenimento, il grande Bach crea, e in ogni esecuzione rinnova, un miracoloso ordito contrappuntistico, quasi una sfida allo strumento melodico per antonomasia, e una provocazione alla moda coeva, incline alla semplificazione e alla galanteria.

Ala Botti Caselli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 8 maggio 1981
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 25 febbraio 1993


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 12 aprile 2014