Suite inglese n. 6 in re minore, BWV 811


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Prélude. Allegro
  2. Allemande
  3. Courante
  4. Sarabande
  5. Double
  6. Gavotte I
  7. Gavotte II (re maggiore)
  8. Gigue
Organico: clavicembalo
Composizione: 1720 - 1722
Edizione: Hoffmeister & Kühnel, Lipsia, 1805
Guida all'ascolto (nota 1)

Meno di trecento anni ci separano da Johann Sebastian Bach, ma le notizie che di lui ci restano sono più scheletriche di quelle che riguardano Giulio Cesare. Bach scrisse due raccolte di Suites per clavicembalo, sei per ciascuna raccolta, che vanno rispettivamente sotto i nomi di "francesi" e di "inglesi": non sappiamo quando esattamente furono composte e non sappiamo perché cosi si chiamino. Oddio, le "francesi" sono parodie (parodie stilistiche, non contraffazioni ironiche) dì ciò che facevano in Francia i grandi clavicembalisti conosciuti oltre frontiera, e quindi il termine può avere una spiegazione logica (e sia pure ipotetica). L'Inglese" delle altre sei Suites è stato spiegato più volte ma sempre in modo cosi fantasioso che non vale la pena di citare le varie supposizioni. Quanto alla datazione, certe considerazioni di natura stilistica inducono a supporre che le Sei Suites inglesi venissero composte a Köthen, e cioè fra il 1715 e il 1721. Ma siccome il manoscritto autografo non ci è pervenuto non siamo in grado, attraverso l'esame della carta e dell'inchiostro, di essere più precisi. Detto tutto ciò, per scrupolo aggiungo però che l'origine della denominazione e l'anno di composizione hanno un preciso significato per le deduzioni dei musicologi ma che non ne hanno alcuno per il pubblico: anche se fossero state composte dieci anni prima o dieci anni dopo, anche se fossero state chiamate "svedesi" l'unico punto veramente rilevante è che siano dei capolavori. E lo sono.

Lo è specialmente la Sesta Suite in re minore BWV 811. La Suite, seguito, è un ciclo di danze stilizzate che un predecessore di Bach, Johann Jakob Froberger, aveva nel 1693 fissato in una tipologia-standard: Allemanda, Corrente, Sarabanda, Giga. Tedesca l'Allemanda, francese la Corrente, spagnola la Sarabanda, inglese la Giga. Quattro danze - tutti conoscono la valenza simbolica del numero quattro - e quattro nazioni. Quali che fossero le intenzioni del Froberger (di lui sappiamo meno di quello che ci è noto di Siila), è chiaro che, sebbene fosse stato allievo di Frescobaldi, bandì dalla Suite-tipo le danze italiane che ne avevano fatto parte in precedenza, dalla Bergamasca alla Pavana alla Gagliarda al Passamezzo, che non rientrarono neppure nelle scelte opzionali. Oltre alle quattro danze canoniche restava infatti aperta per il compositore la possibilità di aggiungerne una o più altre. La scelta si orientava il più delle volte sul Minuetto o sulla Gavotta o sulla Bourrée, più raramente sul Passepied o sulla Polonaise. Insomma, chi la faceva da padrone era in questo caso la Francia.

Nella Suite inglese n. 6 l'opzione esercitata è quella della Gavotta con il suo "alternativo": Gavotta I, Gavotta II, Gavotta I. Graziosissima la Gavotta I (qualcuno sostiene che il nucleo tematico di base è simile a quello di "Bandiera rossa"), più che graziosissima la Gavotta II, costruita al modo della Musetta, cioè del pezzo per cornamusa (della Gavotta II si ricordò Schönberg nella Musetta della Suite op. 25).

Nell'Ottocento, quando di norma non si eseguivano per intero in concerto le Suites di Bach, le due Gavotte, come pezzi staccati, ottennero molto favore: ne abbiamo un'esecuzione in disco, ed è una delle prime testimonianze sonore di come venisse allora pensata la musica di Bach, del pianista boemo Alfred Grünfeld (1852-1924).

La grazia delle Gavotte controbilancia da una parte, nell'equilibrio generale della Suite, la profonda e grave emotività della Sarabanda e del Double, variazione della Sarabanda, e dall'altra parte la rudezza e direi la violenza della Giga. Il Preludio, di proporzioni monumentali, è stilisticamente un primo movimento di Concerto grosso, con introduzione in movimento lento e Allegro fugato. L' Allemanda e la Corrente, che non presentano aspetti atipici, alleggeriscono la tensione formale del Preludio e il turgore emotivo della Sarabanda. La forma complessiva della Suite ricorda dunque cosi quella di una grande orazione condotta secondo le regole auree della retorica classica.

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 30 gennaio 2009


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Ultimo aggiornamento 4 luglio 2013