Suite inglese n. 3 in sol minore, BWV 808


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Prélude
  2. Allemande
  3. Courante
  4. Sarabande
  5. Gavotte I
  6. Gavotte II "La Musette" (sol maggiore)
  7. Gigue
Organico: clavicembalo
Composizione: 1720 - 1722
Edizione: Hoffmeister & Kühnel, Lipsia, 1805
Guida all'ascolto (nota 1)

L'appellativo' di «inglesi» attribuito a un gruppo di sei Suites (come per il gruppo parallelo di Suites «francesi») ha origine controversa e con ogni probabilità non è dovuto a Bach; fu J. Nikolaus Forkel nella sua monografia bachiana a introdurlo, affermando che esse furono composte dietro invito di un ricco dilettante inglese. Non se ne conosce con esattezza l'anno di composizione anche se bisogna pensare a un periodo intorno al 1722-23, cioè agli ultimi anni della permanenza a Cöthen, periodo che vede nascere la più gran parte della produzione strumentale bachiana, dai Concerti di ogni tipo, alle Sonate e Suites per orchestra e strumenti ad arco soli.

Sul tronco della Suite stabilito da Johann Jacob Froberger, con la succesione basilare di Allemanda-Corrente-Sarabanda-Giga, Bach innesta, secondo i casi, un buon numero di danze minori scelte fra quelle che riscuotevano maggior successo, dando prova di una cultura «mondana» che avrebbe potuto essergli invidiata da artisti più naturalmente estroversi, come un Haendel o un Telermnn; infatti, pur nella forte stilizzazione che eleva di colpo la Suite al livello di qualunque più profonda forma musicale, la radice coreutica generale e le caratteristiche di ciascuna danza sono ancora chiaramente presenti. Ma dove Bach non rinuncia a dare una impronta più personale (ed è una caratteristica particolare delle Suites inglesi) è nella composizione dei Preludi, giganteschi affreschi il cui respiro basta da solo a contrappesare l'intera Suite di danze.

Il Preludio che apre la Suite in programma, concepito in un'unica possente campata, ha qualcosa dello stile ritmico e melodico del Concerto grosso e, anche per l'esaltante vitalità ritmica, può essere avvicinato all'ultimo movimento del III Concerto brandeburghese. E' tutto svolto su un unico tema, anche se le ininterrotte catene di sestine sembrano talvolta imporsi con idee personali; in vista della conclusione non rinuncia a una scenografica «cadenza», pur essa però inquadrata dentro l'unico irrestabile flusso. Tenera giunge la voce dell'Allemanda dopo il vorticoso inizio, elegante e ammorbidita nella sobria ornamentazione (si noti la delicatezza delle frangie poste nella cadenza a concludere il pezzo). Dopo la scorrevole Corrente, ricca di accenti impazienti, segue la stupenda Sarabanda, veramente parlante nella sua mimesi del recitativo vocale; la Sarabanda viene subito ripetuta variata, cioè arricchita di ornamentazioni che non disturbano ma anzi accrescono la carica drammatica della pagina. Le Gavotte I e II devono essere suonate «alternativamente», cioè con la ripetizione della prima dopo la seconda; al netto senso ritmico della Gavotta I segue nella II un delizioso omaggio al gusto francese della Musette. La Giga conclusiva è uno degli esempi migliori per vedere come Bach abbia reso i moduli della danza capaci di sopportare qualunque messaggio artistico, anche il più impetuoso e meno galante.

Giorgio Pestelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 24 gennaio 1969


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Ultimo aggiornamento 30 ottobre 2019