Suite inglese n. 1 in la maggiore, BWV 806


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Prélude
  2. Allemande
  3. Courante I
  4. Courante II
  5. Double I
  6. Double II
  7. Sarabande
  8. Bourrée I
  9. Bourrée II (la minore)
  10. Gigue
Organico: clavicembalo
Composizione: 1720 - 1722
Edizione: Hoffmeister & Kühnel, Lipsia, 1805
Guida all'ascolto (nota 1)

La maggior parte della produzione di Francois Couperin, il grande contemporaneo francese di Bach, consiste in oltre duecento danze per clavicembalo, raggruppate in ventisette Ordres, ognuno diverso dall'altro per il tipo, la disposizione e la quantità dei pezzi inclusi. Le danze per clavicembalo di Bach, che costituiscono una parte cospicua ma non preponderante della sua musica, sono ordinatamente raccolte in tre serie costituite ciascuna da sei Suites, ognuna delle quali a sua volta si basa sulle stesse quattro danze fondamentali, sempre disposte nella stessa successione di Allemande, Courante, Sarabande e Gigue, eventualmente con uno o due altri movimenti, mai aggiunti però in modo casuale ma sempre secondo un progetto ben preciso.

Questo differente ordinamento rivela una differenza più profonda. In Couperin all'assenza d'una rigida normativa per l'ordinamento delle pièces de clavecin corrispondono la libertà formale, la varietà degli stimoli, l'estro delle invenzioni e l'eleganza dell'ornamentazione. Bach invece porta anche nelle musiche di danza la sua mistica del numero, la sua razionalità, la sua sistematicità e la sua concezione della musica come scientia, ovvero l'esatto contrario della musica come diletto dei sensi, quale l'intendeva il Settecento. Di questa trasposizione della danza su un piano spirituale e quasi mistico sarebbe testimonianza anche l'adozione d'un disegno preordinato individuato dagli studiosi nella distribuzione delle tonalità delle sei Suites inglesi, che sono (nell'ordine) in la maggiore, la minore, sol minore, fa maggiore, mi minore e re minore: questa successione corrisponde esattamente alle note iniziali del corale Jesu, meine Freude.

Trovare tale simbolismo religioso in una musica di danza può sorprendere e disorientare, ma Bach non faceva alcuna differenza teorica tra musica sacra e musica profana. Questo non esclude affatto la sua perfetta consapevolezza delle differenze stilistiche tra l'una e l'altra, anzi gran parte della sua produzione può essere considerata proprio un'esemplificazione sistematica ed esauriente di tutti i diversi stili, delle loro caratteristiche, delle loro applicazioni e delle loro destinazioni. Si può quindi affermare che Bach inquadrava anche la musica profana nella sua concezione profondamente religiosa della vita e dell'operare artistico, ma d'altra parte ne riconosceva le autonome caratteristiche e non la considerava in nessun modo subordinata alla musica sacra, altrimenti non avrebbe affermato che i sei anni (dal 1717 al 1723) trascorsi a Köthen come Kapellmeister del principe Leopold di Anhalt furono i più felici della sua vita, sia sul piano personale che artistico, pur non avendo potuto comporre una sola nota di musica sacra, in quanto il principe seguiva la confessione calvinista, dalle cui funzioni religiose la musica era quasi totalmente bandita. Invece in quegli anni compose buona parte della sua musica da camera e da concerto, prediligendo in modo particolare la musica "di danza" (le virgolette sono d'obbligo): anche le sei Suites inglesi furono composte per l'uso della corte di Köthen (non è nota la data esatta, ma probabilmente tra il 1720 e il 1722).

L'origine e il senso del titolo di questa raccolta sono misteriosi. L'autografo di Bach è scomparso, ma sul frontespizio d'una copia della prima Suite qualcuno ha aggiunto la scritta «fait pour les Anglois», e tanto è bastato al primo biografo di Bach, Johann Nikolaus Forkel, per sostenere troppo sbrigativamente che fossero tutte destinate a un gentiluomo inglese. È comunque certo che non bisogna vedere in questo titolo nessun riferimento a inesistenti caratteri stilistici inglesi: le differenze tra questa raccolta e le sei quasi contemporanee Suites francesi consistono soltanto nel loro impianto costruttivo più omogeneo e unitario, nelle loro più ampie dimensioni (evidenziate anche dalla presenza dei Préludes, aggiunti probabilmente in un secondo momento) e nelle loro maggiori richieste tecniche (sono chiaramente pensate per un clavicembalo a due tastiere, mentre le Suites francesi si adattano perfettamente al più intimo clavicordo).

La Suite inglese n. 1 in la maggiore, BWV 806, è la più grandiosa e complessa, non però per quel che riguarda il Prélude, il più breve di tutta la raccolta: riprende il tema d'una giga del francese Charles Dieupart e si sviluppa in modo disteso e costante, senza sbalzi né interruzioni. I movimenti che seguono sono musica di danza altamente stilizzata: delle antiche danze d'origine popolare, già da tempo sgrossate ed elevate all'uso delle corti, non resta quasi altro che il tempo caratteristico d'ognuna, oltretutto spesso obnubilato dal fitto tessuto contrappuntistico che l'avvolge.

Nell'Allemande, con andamento moderato ma scorrevole, i quattro tempi della battuta formano la base d'un movimento ampio e continuo, mentre la Courante si svolge con un ritmo più complesso, perché i suoi sei tempi possono essere raggruppati in tre gruppi di due o in due gruppi di tre, introducendo un'instabilità ritmica sorprendente. In più questa Courante ha una struttura particolarmente complessa e quasi unica. Si tratta in realtà di due Courantes successive, ognuna delle quali (come tutte le danze di tutte le suites) era divisa a sua volta in due parti che dovevano essere ripetute, naturalmente con le variazioni e gli abbellimenti improvvisati dall'esecutore per evitare la monotonia d'una ripetizione identica: la singolarità è che in questo caso Bach stesso ha voluto scrivere di proprio pugno non uno ma due Doubles (cioè ripetizioni variate) per la seconda Courante, così incrementando fino al limite massimo le ricche fioriture d'ascendenza francese tipiche della musica di danza.

La Sarabande ha l'andamento maestoso e severo proprio di questa danza, ma adotta uno stile recitativo che la libera dalle costrizioni del ritmo prestabilito, quasi agganciandola a certe ardite Fantasie di Bach per l'alternanza di passaggi melismatici e di durezze armoniche, sempre però sotto il segno d'una rigorosa condotta contrappuntistica.

La Bourrée è una di quelle danze, definite galanteries, che venivano talvolta aggiunte alle quattro da cui era formato lo schema di base della suite: qui le Bourrées sono in realtà due, di cui la seconda costituisce l'alternative, deve cioè essere eseguita tra due ripetizioni della prima, evitando ogni rischio di schematicità e di ripetitività con la diversa tonalità (la prima è in maggiore, la seconda in minore) e con la saporita idea d'un accompagnamento ossessivo che oscilla tra registro grave e acuto.

Il ritmo dinamico della Gigue trova ulteriormente slancio negli svolgimenti fugati, concludendo degnamente questa suite dalla struttura ampia ma sottile, elegante ma solida.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 19 marzo 1998


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Ultimo aggiornamento 2 marzo 2014