Concerto n. 5 in fa minore per clavicembalo e orchestra, BWV 1056


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allegro moderato
  2. Largo (la bemolle maggiore) - Riutilizzato nella Sinfonia della Cantata BWV 156
  3. Presto
Organico: clavicembalo, 2 violini, viola, continuo
Composizione: 1738
Edizione: Peters, Lipsia, 1851

Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel 1729 Bach, il quale già da sei anni ha fissato la sua dimora a Lipsia, assume la direzione del Collegium Musicum della città, fondato da Telemann; è un'attività che impegna in modo continuativo il musicista, specialmente per quanto riguarda il genere del concerto, cioè del far musica con più strumenti, dopo gli anni trascorsi a Cöthen. A tale epoca (1729-'30) risalgono numerose rielaborazioni di concerti precedenti, mutati nell'organico secondo quella concezione dell'individuazione timbrica che era piuttosto diffusa nel mondo musicale preromantico. Del resto Bach non aveva sempre molto tempo a disposizione per scrivere concerti nuovi, a causa degli impegni con il Collegium Musicum, che ogni settimana doveva tenere i suoi concerti (né vanno trascurati altri incontri musicali ai quali il compositore non poteva sottrarsi). Ciò spiega la ragione per cui il Concerto in fa minore per clavicembalo e archi è una trascrizione fatta dallo stesso Bach di un Concerto per violino e archi andato perduto. Anche gli altri sei Concerti per clavicembalo e orchestra d'archi sono trascrizioni di Concerti per violino scritti da Bach: comunque, il Concerto iti fa minore, insieme a quello in re minore, è il più significativo di tutto il gruppo.

Lo schema formale del Concerto in fa minore è sostanzialmente vivaldiano, con l'alternanza di Tutti e di Solo, ma il carattere dei temi è squisitamente bachiano: sono frasi semplici, ritmicamente precise e squadrate, ben scandite e armonicamente suscettibili di ampi sviluppi. Il suono del clavicembalo, o del pianoforte, risulta intelligentemente fuso con l'orchestra e i tre movimenti sono contrassegnati da un tempo di marcia il primo, da una espressiva melodia in la bemolle il secondo e da un passo di giga il terzo, nell'ambito di una nobile spiritualità musicale.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Poiché il rapporto fra partiture originali e successive rielaborazioni dei concerti bachiani può essere facilmente reversibile, non è infrequente che a partire dalle ultime versioni vengano dedotte o ricostruite quelle primarie, restituendo agli antichi solisti quel che l'autore, adattandosi ai nuovi bisogni, aveva trasferito alle competenze del clavicembalo. E questo che avviene per esempio con il Concerto BWV 1056, una composizione in stile italiano il cui autografo conosciuto prevede come solista lo strumento a tastiera, ma che nella prassi esecutiva si affida volentieri anche al violino, riconosciuto come il suo destinatario d'origine. Il passaggio da uno strumento all'altro prevede anche il cambio di tonalità: fa minore quando solista è il clavicembalo, sol minore in presenza del violino. Ma la natura composita del materiale bachiano è in questo caso accentuata dal fatto che il movimento centrale del Concerto compare nel suo catalogo anche come sinfonia introduttiva di una bellissima cantata sacra per la III Domenica dall'Epifania (Ich steh mit einem Fuss im Grabe BWV 156). La caratteristica fondamentale di questo lavoro è ad ogni modo la sintesi, ovvero il grado di concisione che Bach impone a tutto il materiale tematico e che in alcuni casi si riflette sulle scelte stilistiche insolite per il suo modo di scrivere. Da notare come l'accompagnamento pizzicato della melodia, già presente nel tempo centrale del Concerto BWV 1060, definisca per Bach un rapporto diretto e immediatamente documentabile con lo stile del concerto all'italiana, e più in particolare con Vivaldi.

Stefano Catucci

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il Concerto in fa minore per clavicembalo e archi BWV 1056 è la trascrizione di un concerto per violino in sol minore perduto. La sua struttura formale è molto semplice e lineare e ricalca lo stile tipico della musica italiana coeva; qui Bach preferisce la concisione (è il concerto più breve dell'intera raccolta) a scapito della consueta densità polifonica. Il secondo tempo era già stato utilizzato come sinfonia con oboe solista nella Cantata BWV 156.

L'Allegro iniziale mette in evidenza un discorso musicale intenso e molto serrato nel dialogo archi-clavicembalo, mentre il Largo successivo è un straordinario canto nostalgico, condotto in assoluta libertà musicale dal clavicembalo sopra il pizzicato degli archi: una pagina indimenticabile. Torniamo alla danza e al ritmo col Presto finale, il cui motivo principale, in ritmo ternario, viene proposto con insistenza fino alla fine, alternandosi a brevi episodi solistici.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 15 marzo 1982
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 5 marzo 2000
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 194 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 16 maggio 2017