Concerto n. 2 in mi maggiore per clavicembalo, archi e continuo, BWV 1053

Arrangiamento di un Concerto per oboe o flauto perduto

Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allegro
    Riutilizzato nella Sinfonia della Cantata BWV 169
  2. Siciliano (do diesis minore)
    Riutilizzato nell'Aria n. 5 della Cantata BWV 169
  3. Allegro
    Riutilizzato nella Sinfonia della Cantata BWV 49
Organico: clavicembalo, 2 violini, viola, continuo
Composizione: 1738
Edizione: Peters, Lipsia, 1851

Parzialmente riutilizzato nelle Cantate BWV 49 e BWV 169
Guida all'ascolto (nota 1)

Bach, già Kantor alla Thomasschule di Lipsia dal 1723, ricoprì l'incarico di direttore del locale Collegium Musicum, fondato da Telemann nel 1702, dalla primavera del 1729 fino al 1741, con un'interruzione tra l'estate del 1737 e l'ottobre 1739. Le esecuzioni regolari che questa associazione teneva nei locali del Caffè Zimmermann spinsero Bach a ritornare al genere del concerto strumentale, da lui ampiamente praticato negli anni trascorsi come Kapelmeister alla corte di Köthen (1717-1723), ma che era stato costretto ad abbandonare, non appena giunto a Lipsia, a causa dei suoi obblighi come compositore di musica sacra. Il repertorio dei concerti del Collegium Musicum, che erano aperti ad un pubblico pagante, era molto vario. Accanto a cantate di omaggio (per esempio quelle dedicate ai professori della locale università), era possibile ascoltare concerti, sinfonie, suites, trii o sonate di autori tedeschi, italiani o francesi. Compito del Director Musices era quello di dotare l'orchestra, composta da una quarantina di elementi, di un repertorio adeguato di musiche che potevano essere di sua composizione o che egli stesso sceglieva dall'allora fiorente mercato editoriale.

L'aspetto più rilevante del rinnovato interesse di Bach per il concerto strumentale è il fatto che, per la prima volta nella storia della musica, ad eccezione del Quinto Concerto Brandeburghese (1720 ca.), egli usò il clavicembalo come strumento solista, conferendo al semplice e seminascosto realizzatore del basso continuo un prestigio ed un ruolo superiori a quelli degli altri strumenti dell'orchestra. I suoi concerti per clavicembalo, tuttavia, tranne quello in do maggiore per due clavicembali BWV 1061, non sono composizioni originali, ma rielaborazioni di pezzi originariamente concepiti per strumenti melodici, come il violino, il flauto o l'oboe, precedentemente scritti a Köthen e di cui conosciamo l'esistenza solo grazie alle loro trascrizioni cembalistìche (il Concerto in la minore per quattro clavicembali BWV 1065 è, invece, il rifacimento del Concerto per due violini e violoncello op. 3 n. 11 di Vivaldi). La trasformazione tastieristica di questi lavori comportò molte alterazioni dei modelli originari. Le modifiche erano dovute alle differenti qualità tonali e possibilità tecniche di ciascuno strumento (prima fra tutte l'uso della mano sinistra nel cembalo), ma la sostanza complessiva delle diverse composizioni rimase fondamentalmente inalterata, tanto che per alcune di esse è stato possibile ricostruire la versione originale.

È probabile che i primi esecutori di questi concerti (complessivamente 14, per uno, due, tre o quattro clavicembali) siano stati i figli maggiori di Bach, in particolare Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel che, «educati al gusto della Hausmusik, della musica domestica, agivano in società portandovi e consumandovi la musica fornita dal pater familias, saggio amministratore del talento dei propri congiunti e al tempo stesso avveduto fornitore di beni per la vita musicale della città» (Basso). Il Concerto in mi maggiore per clavicembalo e archi BWV 1053 deriva da un precedente concerto per oboe o per flauto, già impiegato da Bach, con organo obbligato, in due cantate del 1726: il primo e il secondo movimento, nella sinfonia e in un'aria di Gott soll allein mein Herze haben BWV 169; il terzo, nella sinfonia di Ich geh und suche mit Verlangen BWV 49. È possibile quindi che Bach, nella rielaborazione per clavicembalo, non si sia rifatto al concerto originale, bensì alla successiva trasformazione organistica adoperata per le cantate.

Il festoso Allegro iniziale presenta una tematica tipicamente bachiana, con frasi scarne, essenziali, ben scandite ritmicamente, ma nello stesso tempo suscettibili di ampi sviluppi melodico-armonici. Il dialogo tra il solista e l'orchestra in alcuni momenti è intenso, serrato, ricco di richiami motivici; in altri, sembra distendersi in episodi solistici con accompagnamento ridotto che alleggeriscono la solidità strutturale dell'intero movimento con sempre nuove sfumature timbriche.

Nel secondo tempo (Siciliano), i due interventi del tutti incorniciano una mobilissima melodia del cembalo d'andamento quasi melismatico; la ricchezza delle ornamentazioni, assecondata dal morbido ritmo di danza, conferisce al canto un tono di maestà dolente.

Il Concerto termina con un Allegro di gusto toccatistico che, pur richiamandosi ai principi costruttivi (intensa elaborazione tematica) e formali (struttura tripartita) del primo movimento, si distacca da quello per la maggior frequenza di figurazioni solistiche prive di accompagnamento, obbedendo ad una concezione concertante più chiaramente articolata in un'alternanza solo-tutti.

Marco Carnevali


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 1 novembre 1996


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 26 luglio 2013