Concerto n. 1 in re minore per clavicembalo e orchestra, BWV 1052

da un concerto per violino del 1718 - 1723 circa che è perduto

Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allegro
  2. Adagio (sol minore)
  3. Allegro
Organico: clavicembalo, 2 violini, viola, continuo
Composizione: 1736 circa
Edizione: Kistner, Lipsia, 1838

Parzialmente riutilizzato nelle Cantate BWV 146 e BWV 188
Versione definitiva, vedi a BWV 1052a la versione originale
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Divenuto nel 1717 Kapellmeister e direttore della musica da camera del Principe Leopold di Anhalt-Köthen, Johann Sebastian Bach si dedicò quasi completamente alla composizione di musica strumentale. Le esigenze della Corte (dalla quale si congedò nel 1723) lo spingevano infatti in quella direzione, non richiedendogli più di tanto l'allestimento e la creazione di composizioni sacre. Le mansioni richiestegli erano in parte simili a quelle che aveva dovuto assolvere per la Corte di Weimar tra il 1708 e il 1717. Le finalità della musica in quell'ambito erano infatti legate ad awenimenti celebrativi interni, esigenze didattiche, approfondimento culturale, dilettantismo e concertismo di piacere, occorrenze che Bach soddisfaceva con nuove composizioni e trascrizioni.

È nel periodo di Köthen che videro la luce capolavori come il primo volume del Clavicembalo ben temperato, le Suites per violoncello solo, le Sonate e Partite per violino solo, i Concerti brandeburghesi. La conoscenza dello stile italiano e dei suoi maestri era un aspetto con il quale le corti tedesche venivano incontro alle tendenze che all'epoca erano di moda. Bach, che aveva una conoscenza musicale vastissima, fu ben contento di continuare ad approfondire le opere di Vivaldi, Albinoni, Torelli e continuò a creare opere ispirate allo stile italiano. I Concerti per violino, composti negli anni di Köthen, seguono infatti la tradizione del concerto solistico italiano: la forma è in tre movimenti, secondo la successione Allegro-Adagio-Allegro. Tuttavia, molto più complessa rispetto al modello è la strutturazione interna dei singoli movimenti, soprattutto per l'integrazione tra ritornelli orchestrali ed episodi solistici. Nei ritornelli sono infatti presenti momenti del "solo", mentre frammenti del ritornello orchestrale entrano a far parte del tessuto musicale degli episodi, determinando un'unità tematica che anticipa alcune soluzioni del futuro periodo classico.

Anni dopo, nel 1730, Bach si trovava a Lipsia in qualità di Kantor alla Thomaskirche e di Direttore musicale della città e del Collegium Musicum. I suoi figli Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel erano ormai ottimi cembalisti educati alla musica dal padre il quale, probabilmente per loro, trascrisse per clavicembalo e orchestra alcuni concerti scritti a Köthen, in prìmis quelli per violino. Facendo ciò, Bach veniva comunque incontro anche al gusto della borghesia locale che apprezzava particolarmente il nuovo genere del concerto solistico per clavicembalo, nonché al buon numero di virtuosi della tastiera presenti all'epoca a Lipsia.

Il ciclo dei sette Concerti trascritti per cembalo con accompagnamento orchestrale è arrivato sino a noi nella forma di una preziosa bella copia scritta di pugno dal compositore. La partitura del Concerto BWV 1052, nella prima versione per violino e orchestra non ci è dunque giunta. Sono stati vari in passato i tentativi di ricostruire la versione originale perduta del Concerto: ci provarono nel 1873 Ferdinand David, che ne preparò una versione per violino e pianoforte, e Robert Reitz nel 1917. La ricostruzione più recente è quella di Wilfried Fischer, confluita nella Neue Bach-Ausgabe (il progetto che prevede la revisione e la pubblicazione delle composizioni di J. S. Bach). Dunque il percorso storico del Concerto per violino è assai particolare: dall'originale alla trascrizione e dalla trascrizione all'idea originaria. Una sorta di Concerto "al quadrato" che testimonia l'inesauribile energia intellettuale, artigianale ed espressiva della musica di Bach.

A differenza di altri Concerti, la parte affidata al solista nel BWV 1052 si presenta complessa e richiede una notevole abilità esecutiva. L'unisono iniziale dell'Allegro funziona da grandioso sipario del Concerto, ma è il contrappunto, la polifonia, che ne arricchisce il tessuto e ne rende affascinanti i temi. L'interazione tra violino e orchestra è sempre animata da un sapiente combinarsi delle parti in cui ritornello e parte solistica si rapportano tra loro originando una macro-forma piena di suggestione espressiva. I movimenti lenti dei Concerti di Bach costituiscono alcuni dei suoi brani più sentiti, al punto da richiamare alcuni momenti delle sue Passioni.

Il Concerto BWV 1052 ha la particolarità di essere l'unico che ha in tonalità minore anche l'Adagio centrale. L'esordio "passeggiato" iniziale ha qualcosa di riflessivo e addolorato: il suo andamento tipico pervade con discrezione tutto il brano. L'entrata del violino sembra rispondergli con intensità: entrambi procedono in un crescendo di suggestiva bellezza. La divisione fra accompagnamento e solista, che sembrano appoggiarsi l'un l'altro come in una scena tragica, crea qui una profondità inusitata che rasenta punte di rara drammaticità.

Il piglio ritmico del terzo tempo, Allegro, chiaramente ispirato a un movimento di danza, fonde insieme fascino virtuosistico, magia timbrica e sapienza armonica: l'attualità di Bach, oltre che per la sua nota intensità, passa anche per la frizzante e sorprendente capacità di donare ai suoni una slanciata leggerezza.

Simone Ciolfi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Prima e dopo i brandeburghesi (tenendo per buona la data della dedica, cioè il 1721) ci sono rimasti altri concerti: fra questi è il caso di ricordare i primi tre (BWV 1041-3) datati 1720; un fitto gruppo quindi per clavicembalo e archi (elaborati da altri concerti in parte, perduti) che si possono riferire agli anni 1730-33, periodo in cui il compositore dirige il Collegium Musicum e ha urgente necessità di nuovo materiale; infine, sempre degli stessi anni, tranne un caso, i concerti per 2, 3, 4 clavicembali e archi. In programma ascolteremo, oltre ai brandeburghesi, anche due del secondo gruppo, precisamente quello in re minore (BWV 1052) e quello in la maggiore (BWV 1055). Il primo proviene da un concerto per violino che è andato perduto, con alcune varianti; il secondo probabilmente da un concerto per oboe d'amore, pure perduto. Risulta piuttosto chiaro come questi due concerti, insieme con tutti gli altri "trascritti", al di là del loro valore intrinseco risultino preziosi proprio perchè gli originali sono andati perduti, oltre al potenziamento di uno strumento, il clavicembalo, che qui diventa solista con nuovi rapporti di forza nei confronti del ripieno.

Il Concerto in re minore è certamente fra i più noti di Bach ed è un lavoro di immediata capacità di presa sino dall'incisivo tema che apre il primo Allegro, con tutti all'unisono. Il clavicembalo è costantemente impegnato in un lavoro che alterna momenti di assoluto protagonismo ad altri di più stretta connessione con le maglie del discorso generale. Del tutto solitaria sarà invece la sua linea, di un gusto barocco prezioso, nell'Adagio centrale. Di piglio deciso, come nel primo caso, anche l'Allegro finale, che ripropone sia pure con materiali e spirito diversi, lo spirito dell'Allegro iniziale. Lo strumento solista esce anche scopertamente, coronando, poco prima della conclusione, il suo ruolo con una lunga e vistosa cadenza di grande impegno e sonorità.

Renato Chiesa

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il Concerto in re minore per clavicembalo e archi BWV 1052 è la trascrizione di un concerto in re minore per violino andato perduto. Il suo terzo movimento, Allegro venne utilizzato come introduzione della Cantata «Ich habe meine Zuversicht» BWV 188. I primi due movimenti vennero utilizzati invece nella Cantata BWV 146. Si tratta di un'opera sulla quale a lungo gli studiosi bachiani hanno dibattuto, negandone spesso anche la paternità. Ma oggi la tesi dominante è che questa pagina sia autentica. In essa apprezziamo la dignitosa solennità del discorso, gli slanci appassionati ma sempre controllati e la tensione armonica cui viene sottoposto il materiale motivico. L'Allegro iniziale si apre col ritornello (tutti), caratterizzato da un motivo scattante esposto in ottava da tutta l'orchestra e formato da ampi intervalli melodici. Il solista si presenta subito con impeto e virtuosismo, caratteristiche che saranno tipiche di questo concerto. La ripresa del ritornello ci porta alla tonalità della dominante, nella quale i violini si producono in un'elaborazione fugata del suo incipit sopra gli arpeggi in semicrome del solista. La successiva ripetizione del ritornello ci proietta in la minore, tonalità nella quale ha luogo un episodio solistico lungo ed elaborato, tonalmente molto mobile e dominato dal-l'incessante impulso ritmico del clavicembalo. Di nuovo il ritornello (sol minore), seguito da una sorta di piccola cadenza del solista. Un nuovo episodio di sviluppo motivico, che sottopone l'incipit del ritornello a un incessante lavorio, precede un passaggio armonicamente molto intenso, nel quale il clavicembalo rimane solo, riconducendo il discorso alla tonalità di partenza. L'ultima apparizione del ritornello conclude il movimento.

L'Adagio che segue si apre con l'orchestra compatta (in ottava) che espone la linea del basso, fondamento armonico di tutto il movimento. Il tema principale è costituito dalla linea melodica precedente, esposta dai bassi, alla quale i violini sovrappongono un motivo mesto e quasi rassegnato, mentre il solista si libra in un delicato volo di fantasia musicale che intesse e collega con sapienza ed eleganza i fili costituiti dalla linea principale. I due episodi successivi sono più mossi, armonicamente dominati ora dalle armonie di settima diminuita, ora dalle incalzanti e agili figurazioni del solista, che riconduce al tono d'impianto, La ripresa del motivo principale, ora più ornato nella linea del clavicembalo, precede una breve cadenza del solista e la conclusione, identica all'introduzione.

L'Allegro conclusivo ha un piglio impetuoso e fortemente ritmico; il suo ritornello si basa su di una scala discendente subito recuperata da uno scattante movimento melodico ascendente. La continua alternanza fra episodi solistici, che elaborano il materiale motivico con una scrittura che spesso utilizza lo stile fugato, e ritornello conduce all'ultimo episodio solistico, dominato dal clavicembalo che a lungo suona da solo, vero e proprio dominatore della scena musicale. Una breve cadenza (Adagio) prepara il ritornello conclusivo.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 13 marzo 2009
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 21 dicembre 1989
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 194 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 16 maggio 2017