Concerto in mi maggiore per violino e orchestra, BWV 1042


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allegro
  2. Adagio (do diesis minore)
  3. Allegro assai
Organico: violino solista, 2 violini, viola, continuo
Composizione: 1720 circa
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1874

Vedi anche la trascrizione per Clavicembalo e orchestra BWV 1054
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Bach compose probabilmente una decina di concerti per violino e orchestra, ma a noi ne sono giunti soltanto tre: il Concerto in la minore BWV 1041, il Concerto in mi maggiore BWV 1042 e il Concerto in re minore BWV 1043; ad essi va aggiunto un frammento di 50 battute di un Concerto in re maggiore, in cui il violino solista è accompagnato da tre trombe, timpani, due oboi e archi. I tre Concerti per violino conservati esistono anche in una trascrizione realizzata dallo stesso Bach a Lipsia dopo il 1730 per clavicembalo e orchestra, rispettivamente BWV 1058 e BWV 1054 e per due clavicembali BWV 1062. Dei concerti perduti si conosce la musica per via delle successive trascrizioni per cembalo; si tratta in sostanza del Concerto in re minore per cembalo BWV 1052 che si richiama ad un analogo concerto violinistico perduto, del Concerto in fa minore per cembalo BWV 1056 che deriva da un concerto per violino in sol minore perduto e del Concerto in fa maggiore per tre clavicembali BWV 1064, proveniente da un concerto per tre violini in re maggiore anch'esso perduto.

I concerti originali risalgono al periodo di Köthen, intorno al 1720, quando Bach era maestro di cappella della corte e direttore della musica da camera del principe Leopold, e poteva disporre di un ottimo violinista qual'era Joseph Spiess. Le trascrizioni invece appartengono al periodo di Lipsia quando il compositore dirigeva brani cameristici per la Società di Telemann oppure organizzava piccoli concerti familiari. In tali composizioni, secondo Alfred Dürr, «Bach accoglie in generale la forma del concerto creata da Vivaldi, ma accosta ritornelli di Tutti ad episodi di Solo, in quanto affida all'orchestra, anche durante gli episodi a Solo, parti elaborate tematicamente. La sovrabbondanza di figure ornamentali, che si trova nelle parti solistiche di concerti di altri compositori, in Bach lascia il posto ad una densità e ad una concentrazione ottenuti mediante il costante impiego di figure tematiche». Certamente Bach tiene conto della forma concertistica in tre movimenti realizzata nelle composizioni vivaldiane, anche se i suoi concerti per violino e orchestra mirano ad un tipo di scrittura più solido e compatto. È vero che non è documentato un rapporto diretto di conoscenza fra Bach e Vivaldi, ma è certo che la fama del musicista italiano si era già diffusa in Germania intorno al 1706 e lo stesso Bach potè prendere visione della famosa raccolta dell'op. III, denominata «L'estro armonico».

Il Concerto in mi maggiore BWV 1042 si presenta nel primo movimento con la proposta fra il Tutti e il Solo nei tipici giochi di forte e piano, mentre il discorso tematico è sviluppato in misura notevolmente più ampia di quanto figuri nei modelli vivaldiani. Da notare la breve cadenza affidata al solista prima degli interventi conclusivi. Il secondo movimento è un Adagio con struttura a dialogo: un disegno ostinato del ripieno, cui si contrappone l'intensa cantabilità del violino solista, con l'eccezione delle due frasi di apertura e di chiusura. Il breve Allegro finale punta sugli aspetti ritmici con movenze che arieggiano anche lo stile di danza: la simmetria della pagina è perfetta.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La maggior parte delle opere strumentali di Johann Sebastian Bach fu composta dall'autore nel corso della sua permanenza a Coethen, fra il 1717 e il 1723. Bach rivestiva la carica di maestro di cappella presso la corte del principe Leopoldo di Anhalt-Coethen, ed era esonerato dalla produzione religiosa a causa della fede calvinista del principe (la liturgia calvinista concedeva alla musica un ruolo estremamente limitato). La sua attività era dunque rivolta esclusivamente all'ambiente di corte, all'orchestra (il Collegium musicum) ed a singoli solisti, professionisti di eccellente qualità; quali del resto si convenivano ad un mecenate, squisito intenditore e musicista egli stesso, come il principe Leopoldo. In questo contesto Bach rivolse un'attenzione privilegiata al violino, sia come strumento concertante nelle composizioni orchestrali, sia come solista. Nacquero, negli anni di Coethen, le sei Suites e Partite per violino solo - vertice dell'intero repertorio per violino solo -, le Sonate per violino e basso continuo, ed anche un imprecisato numero di Concerti per uno o più violini e orchestra.

Imprecisato, si è detto, perché la maggior parte di questi Concerti è verosimilmente andata perduta; a confortare tale situazione soccorre la circostanza che, negli anni lipsiensi, Bach trascrisse alcune di queste partiture per uno o più cembali; la ricerca musicologica, legittimamente e con metodo scientifico, ha tentato la ricostruzione della versione originale di tali Concerti. Solo tre, comunque sono i Concerti bachiani per violino pervenuti nella veste originale (e anch'essi poi trascritti per cembalo a Lipsia); il Concerto per due violini BWV 1043, il Concerto in la minore BWV 1041, ed il Concerto per violino solo in mi maggiore BWV 1042.

I Concerti bachiani sono apertamente ispirati all'esempio italiano, e particolarmente a quello vivaldiano, che Bach aveva conosciuto tramite la edizione a stampa dell'"Estro armonico" op. 3, del quale aveva operato anche alcune trascrizioni per organo. Il Concerto in mi maggiore, dunque, è regolarmente composto nei tre movimenti di prammatica (secondo lo schema Allegro-Largo-Allegro), e prevede una dialettica interna fondata sull'alternanza di sezioni affidate ai "Tutti" e al "Solo". Peculiari sono le scelte espressive bachiane, che vedono il solista evitare esibizionismi virtuosistici, ed impegnarsi piuttosto in una scrittura complessa per la sua levigatezza. Nel movimento iniziale, basato su un tema di solenne vigore, solista e gruppo strumentale prediligono un rapporto di collaborazione piuttosto che di contrapposizione, tanto che il violino ha spesso una funzione più concertante che solistica. La cantabilità violinistica predomina nel centrale Adagio, movimento che contrasta col precedente anche per la tonalità minore e l'intonazione dolente. Il Concerto si chiude con un Allegro assai in cui un ritornello assai scandito ritmicamente si alterna con episodi solistici di diverso carattere.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 gennaio 1987
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 7 gennaio 1987



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Ultimo aggiornamento 27 dicembre 2013