Liebster Gott, wenn werd ich sterben? (Amatissimo Dio, quando morrò?), BWV 8

Cantata in mi maggiore per soli, coro e orchestra


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Testo: Kaspar Neumann
Occasione: 16a domenica dopo la festa della Trinità
  1. Liebster Gott, wenn werd ich sterben?
    Coro in mi maggiore per coro e tutti gli strumenti
  2. Was willst du dich, mein Geist, entsetzen
    Aria in do diesis minore per tenore, oboe d'amore e continuo
    Il tema è ripreso dall'opera "Almira" di Händel
  3. Zwar fühlt mein schwaches Herz Furcht
    Recitativo in do diesis minore/la maggiore per contralto, archi e continuo
  4. Doch weichet, ihr tollen, vergeblichen Sorgen!
    Aria in la maggiore per basso, flauto traverso, archi e continuo
    Il tema è ripreso dall'opera "Almira" di Händel
  5. Behalte nur, o Welt, das Meine!
    Recitativo in fa diesis minore/sol diesis minore per soprano e continuo
  6. Herrscher über Tor und Leben
    Corale in mi maggiore per coro e tutti gli strumenti
Organico: soprano, contralto, tenore, basso, coro misto, flauto traverso, 2 oboi d'amore, corno, 2 violini, viola, continuo
Composizione: Lipsia, 1724 (revisione 1744 - 1747)
Prima esecuzione: Lipsia, Thomaskirche, 24 settembre 1724
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1851

Guida all'ascolto (nota 1)

La cantata Liebster Gott, wann werd'ich sterben? («Amatissimo Dio, quando morrò?») fu scritta da Bach per la sedicesima domenica dopo la S.S. Trinità, il cui Vangelo narra l'episodio del figlio della vedova di Naim. La composizione della Cantata avvenne a Lipsia, probabilmente nel 1724, cioè agli inizi dell'ultimo periodo della produzione bachiana. Il testo consiste di una rielaborazione dell'omonimo Lied di Kaspar Neumann. La melodia di questo Lied è dovuta a Daniel Vetter, organista della Nikolaikirche di Lipsia, morto nel 1721. Da un'opera del Vetter Bach trasse il fondamento del corale finale. Le due strofe estreme del Lied di Neumann sono mantenute inalterate a costituire il coro iniziale e il corale finale della Cantata. Le tre strofe centrali sono state invece rielaborate in modo da articolarne il testo in due arie e due recitativi. La cantata viene così ad essere divisa in sei pezzi.

L'organico previsto da Bach comprende un coro a quattro voci (soprano, contralto, tenore e basso), flauto, due oboi d'amore, corno, archi e basso continuo: esso è impiegato per intero soltanto nel coro iniziale e nel corale finale. Le due arie e i due recitativi sono invece affidati a voci soliste: al tenore, accompagnato da un oboe d'amore e sostenuto dal continuo, la prima aria; al contralto, accompagnato dagli archi e dal continuo, il primo recitativo; al basso, con flauto, archi e continuo, la seconda aria; al soprano, sul solo fondamento del continuo, il secondo recitativo.

Il coro iniziale è introdotto da una frase ascendente dell'oboe d'amore su un ostinato del basso continuo: in esso lo Spitta e lo Schweitzer vedono come il rintoccare di campane funebri. Scrive lo Schweitzer: «Mentre componeva il primo coro, Bach vedeva chiaramente davanti a sè, come solo un pittore può vedere, tutta la scena descritta dal Vangelo: il corteo funebre che esce dalla porta della città accompagnato dai funebri rintocchi della campana in mi maggiore cui fanno eco all'unisono tutte le piccole campane dei dintorni». E lo Spitta aveva già annotato: «E' un vero quadro musicale, composto quasi da rintocchi di campane e da profumo di fiori, ed in cui si sente alitare la poesia dei cimiteri nei giorni di primavera». La scrittura è essenzialmente strumentale, fondata, come ha scritto Werner Neumann, «sulle volute melodiche e nostalgiche dei due oboi d'amore ai quali si sovrappone l'appello insistente della campana della morte, un motivo ripetuto dal flauto», mentre «la parte riservata alle otto brevi sezioni corali non consiste per così dire che in un commento del vasto quadro strumentale». Ancora l'oboe d'amore è il protagonista dell'aria del tenore, un vero e proprio duetto a contrasto tra lo slancio appassionato della voce e la luminosa serenità della ornata melodia strumentale. Il recitativo del contralto è una pagina d'alta intensità drammatica. Vi contrasta la lieta, danzante aria del basso, punteggiata da una luminosa figura ternaria del flauto. La calma serenità del recitativo del soprano introduce il solenne canto del corale finale a quattro parti (gli strumenti raddoppiano le voci: i violini primi, il flauto, il primo oboe d'amore e il corno, i soprani; i violini secondi e il secondo oboe d'amore, i contralti; le viole, i tenori; gli strumenti realizzatori del continuo, i bassi).

Carlo Marinelli


(1)  Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 marzo 1963


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Ultimo aggiornamento 12 marzo 2015