Nel catalogo delle opere di Bach, il capitolo delle Cantate non è solo il più ricco, ma anche il più rivelatore e il più intricato. Ricco per la quantità e la varietà delle composizioni che ci sono pervenute: oltre duecento Cantate sacre e circa trenta profane. Rivelatore per i metodi che Bach affinò soprattutto allo scopo di far fronte all'intenso ritmo produttivo che gli veniva richiesto: negli anni trascorsi a Lipsia, per fare un esempio, il suo contratto con la cantoria di San Tommaso prevedeva che egli preparasse circa sessanta Cantate l'anno. Intricato, infine, per la difficoltà di ricostruire la genesi delle singole opere e per l'impossibilità di valutare in maniera realistica la frequenza con la quale Bach riutilizzava in ambito sacro i materiali delle Cantate profane, e viceversa: per comprendere quanto lacunose siano le nostre informazioni a riguardo basterà ricordare che la maggior parte delle Cantate profane è andata perduta e che identico destino, nonostante la quantità di opere in nostro possesso, è stato seguito da circa il quaranta per cento della sua produzione sacra.
Da quel che conosciamo, in ogni caso, è possibile ricavare un'idea del modo in cui Bach lavorava e dell'importanza che il genere della Cantata ha avuto nell'evoluzione del suo stile dal giorno in cui, diciottenne, si era recato a Lubecca per ascoltare le Abendmusiken di Dietrich Buxtehude, un tentativo di rinnovamento stilistico che grazie all'impiego di ampie masse strumentali e corali rese più ambizioso e spettacolare il genere della Cantata da chiesa.
L'esperienza compiuta accanto a Buxtehude servì al giovane Bach soprattutto per la tecnica dell'orchestrazione, per la capacità di usare in funzione espressiva i rapporti fra le diverse famiglie strumentali, per la facilità nel conferire un senso drammatico all'alternanza di pagine corali e passaggi solistici. Con un incessante lavoro di elaborazione e perfezionamento, tuttavia, Bach trasformò la Cantata in un organismo sempre più plastico e versatile, tale da assorbire e metabolizzare in una forma coerente fonti musicali e stilistiche anche molto lontane fra loro.
In molti casi la Cantata bachiana recupera linguaggi arcaicizzanti, è scandita da fraseggi duri, da melodie di mistica asciuttezza o da trame polifoniche al limite dell'esoterismo. Parallelamente, Bach introduce nella Cantata le movenze più aggiornate della musica profana, come si vede dal frequente uso di ritmi di danza oppure dal taglio galante delle arie solistiche, dai duetti, dall'impostazione operistica che queste pagine spesso condividono con i recitativi.
Nelle Cantate di Bach, dunque, la coerenza musicale non è assicurata dall'omogeneità dei mezzi stilistici, ma dal modello letterario della tradizione luterana, come pure dalle simmetrie che l'autore pianifica per meglio rivestirne sia i contenuti teologici, sia quelli più schiettamente narrativi. Il testo, infatti, alterna di solito corali, versetti biblici, preghiere e versi liberi di meditazione: con precisa corrispondenza, Bach tende a distribuire il materiale musicale in base a un simbolismo che nella maggior parte dei casi dipende più dall'intenzione di rafforzare l'effetto drammatico dei versi che da una cabala numerologica o da speculazioni astratte. L'uso di rigorosi schemi geometrici e il ricorso a un simbolismo ben codificato diventano inoltre per Bach efficacissimi strumenti di lavoro, elementi di un vero e proprio metodo il cui scopo è quello di semplificare, se non proprio di automatizzare, la selezione dei materiali musicali e il processo compositivo di fronte alle esigenze poste di volta in volta dai testi. Solo grazie a una simile organizzazione del lavoro Bach poteva riutilizzare in una Cantata le arie scritte per un'altra, oppure mutare il testo di una Cantata profana adattandovi quello destinato all'uso liturgico, secondo l'uso che allora si definiva "parodia".
Nel calendario della chiesa luterana il periodo dell'Avvento,
che comprende le quattro domeniche precedenti il Natale, coincide con
l'inizio dell'anno liturgico. Durante questo arco di tempo, all'epoca
di Bach, in chiesa non potevano svolgersi festività o celebrazioni di
alcun genere. Era vietato anche fare musica, specie se accompagnata da
strumenti, mentre al massimo poteva essere tollerata l'esecuzione di
semplici corali o di brani per organo solo. Si faceva un'eccezione solo
per la prima domenica di Avvento: in questa data, infatti,
l'inaugurazione dell'anno liturgico offriva il pretesto per una
celebrazione fastosa, nella quale era previsto si ricorresse ampiamente
all'esecuzione di musica con strumenti. Per dare un'idea di come si
svolgessero simili celebrazioni, basterà leggere la nota che Bach
scrisse sul retro della partitura della Cantata BWV 61 per il servizio
della prima domenica di Avvento dell'anno 1724. La riportiamo qui nella
traduzione che ne ha dato Alberto Basso (Frau Musika,
Torino, EDT, 1983, voi. II, p. 33):
(1) Si
preludia.
(2) Motetta.
(3) Si preludia
sul Kyrie,
che viene eseguito per intero. (4) Si intona davanti all'altare. (5) Si
legge l'Epistola.
(6) Si canta la Litania.
(7) Si preludia
sul corale. (8) Si legge l'Evangelium.
(9) Si preludia
alla musica
principale [= Cantata]. (10) Si canta il Credo. (11) La predica. (12)
Dopo la predica, come d'abitudine si cantano alcuni versetti di un
Lied. (13) Verba
Institutionis [= istituzione della Santa Cena]. (14) Si preludia alla
musica. E dopo questa si alternano preludi e canto di corali, sino al
termine della Comunione.
Come si vede, l'esecuzione della Cantata è immersa in un contesto di partecipazione liturgica molto ampio; la sua posizione subito dopo la lettura del Vangelo ne rafforza ulteriormente il compito retorico cui essa assolveva, quello di incrementare l'efficacia drammatica della vicenda sacra e di muovere i fedeli alla partecipazione, ovvero - nel senso più forte del termine - alla compassione.
Alla festività della prima domenica di Avvento Bach destinò in
tutto tre Cantate. Il tono festoso dell'occasione liturgica gli
consentì almeno in un caso di valersi di materiale profano nella
composizione. Come vedremo, in ogni caso, tutte le tre Cantate sono
concepite su una semplice scansione simmetrica che gioca per lo più sul
contrasto fra il giubilo dell'attesa e il più oscuro raccoglimento
della preghiera.
Risale agli anni di Weimar ed è, dal punto di vista della cronologia, la prima Cantata che Bach fece eseguire per l'Avvento, il 2 dicembre 1714. Una seconda esecuzione sembra abbia avuto luogo a Lipsia nel 1723. Il testo è tratto dal secondo libro di Cantate che il poeta Erdmann Neumeister aveva sistemato assemblando fonti differenti, secondo la tradizione luterana, ad uso di Georg Philipp Telemann durante il periodo in cui questi operava ad Eisenach, la città natale di Bach.
Caratteristica di questa Cantata è l'ampia pagina di apertura in stile francese, uno dei primi esempi del genere nel ciclo bachiano, poi destinato a diventare un elemento quasi costante nella produzione successiva, specie in quella realizzata a Köthen. Sul tipico andamento puntato dell'ouverture alla francese Bach inserisce contrappuntisticamente il tema del corale «Nun komm, der Heiden Heiland» e - sulle parole «deB sich wundert alle Welt» - un fitto episodio fugato. L'alternanza di galanteria e rigore devozionale si ripete nella prima aria, «Komm, Jesu, komm», introdotta quasi per metamorfosi attraverso un recitativo che lentamente si trasforma in una melodia ariosa. Anche negli episodi successivi Bach adotta una inconsueta varietà di soluzioni vocali e strumentali: si notino il recitativo del soprano con archi in pizzicato, l'aria subito successiva, imperniata su un basso continuo asciuttissimo, o ancora il finale, che riprende il tema del corale ma lascia spazio sia agli interventi contrappuntistici del soprano, sia a una parte quasi concertante del violino.
Stefano Catucci