Raccolto e meditativo è il carattere della Cantata, Ich stehe mit einem Fuss im Grabe ("Io sto con un piede nella tomba") BWV 156, aperta da una breve sinfonia introduttiva nella quale non è difficile riconoscere uno dei brani più celebri di Bach: il Largo dal Concerto in fa minore per clavicembalo, archi e basso continuo BWV 1056. È probabile che anche questa versione non fosse l'originale e che Bach, ancora in un periodo giovanile, avesse affidato al violino la parte solista trasferita, più tardi, al clavicembalo. Qui, la melodia viene eseguita da un altro strumento ancora, l'oboe, il cui suono malinconico e distante evoca il carattere patetico della scena evangelica alla quale la Cantata si ispira (Matteo, 8, 13). Si tratta della miracolosa guarigione di un lebbroso e da parte di Gesù e, più ancora, della meditazione sull'incombenza della morte che l'episodio ispira all'autore del testo, Christian Friedrich Henrici, meglio noto con lo pseudonimo Picander. Giunto alla fine della propria esistenza, il fedele si rimette alla volontà di Dio, gli si affida con la preghiera chiedendogli protezione e conforto: questo è il contenuto intorno al quale ruota la bellissima aria del tenore (n. 2), contrappuntata dagli interventi del soprano che intona i motivi di due diversi corali, in un'alternanza di stile ornato (tenore) e asciutto (soprano) che produce l'effetto di un pathos molto intenso. L'altra aria (n. 4) si basa sul contrappunto, in forma di canone, fra la voce di contralto e due parti orchestrali affidate, rispettivamente, all'oboe e al violino.
La Cantata risale, con ogni probabilità, al 1728 ed è una delle più note, oltre che espressive, dell'intero corpus bachiano.
Stefano Catucci